Questo saggio di Sigmund Freud, scritto nel 1915 durante la Prima Guerra Mondiale, analizza le cause psicologiche della guerra e il rapporto complesso dell'uomo con la morte. L'opera, ancora oggi attuale, esplora la delusione di fronte all'orrore della guerra e la contraddizione tra la consapevolezza della finitezza della vita e la tendenza a negarla.
Questo saggio, scritto da Sigmund Freud nel 1915, offre una riflessione profonda e ancora oggi attuale sulle cause e le conseguenze della guerra, nonché sul complesso rapporto umano con la morte. Pubblicato inizialmente sulla rivista Imago con il titolo originale "Zeitgemässe über Krieg und Tod", questo testo è un'opera fondamentale per comprendere la psicologia collettiva in tempo di conflitto e le radici inconsce della violenza.
Freud analizza la profonda delusione provata dalla società civile di fronte all'orrore della Prima Guerra Mondiale. L'illusione di un progresso inarrestabile e di una civiltà sempre più raffinata viene brutalmente infranta dalla realtà della guerra, che rivela la persistenza di istinti aggressivi e distruttivi nell'animo umano. La guerra, secondo Freud, non è un evento eccezionale, ma una manifestazione della natura umana, un ritorno a pulsioni primitive che la civiltà fatica a reprimere completamente.
Il saggio esplora anche il modo in cui l'uomo si confronta con la morte. Freud evidenzia la contraddizione tra la consapevolezza della finitezza della vita e la tendenza a negarla, a rifiutare di attribuirle un significato definitivo. Questa contraddizione è particolarmente evidente nel modo in cui l'uomo primitivo, e in parte anche l'uomo moderno, percepisce la morte degli altri rispetto alla propria. La morte degli altri, soprattutto dei nemici, viene spesso accettata, persino desiderata, mentre la prospettiva della propria morte genera ansia e rifiuto.
Il saggio è profondamente radicato nel contesto storico della Prima Guerra Mondiale. Scritto nel 1915, al culmine del conflitto, riflette l'orrore e la disillusione che pervadevano l'Europa. Freud analizza il nazionalismo esasperato, l'odio tra i popoli e la capacità di autodistruzione che la guerra ha rivelato. L'opera non si limita a descrivere gli eventi, ma scava a fondo nelle motivazioni psicologiche che hanno portato al conflitto e che ne alimentano la crudeltà.
Nonostante non si tratti di un romanzo, il saggio presenta una "trama" implicita: l'analisi del conflitto tra istinti primitivi e civiltà, tra la consapevolezza della morte e il desiderio di immortalità. I personaggi sono i popoli europei, rappresentati come attori inconsapevoli di un dramma collettivo, guidati da pulsioni distruttive che la ragione fatica a controllare. Freud stesso è il narratore, l'analista che cerca di svelare le radici inconsce del conflitto.
Le riflessioni di Freud sulle guerre e sulla morte mantengono una straordinaria attualità. La capacità dell'uomo di autodistruzione, la persistenza di istinti aggressivi e la difficoltà di accettare la morte sono temi che continuano a caratterizzare la condizione umana. Questo saggio offre spunti di riflessione importanti per comprendere la violenza, i conflitti e la fragilità della civiltà.
Autore | Sigmund Freud |
Titolo originale | Zeitgemässe über Krieg und Tod |
Anno di pubblicazione | 1915 |
Lingua originale | Tedesco |
Genere | Saggio |
Temi principali | Guerra, morte, psicologia collettiva, istinti aggressivi, civiltà |
Editore (edizione italiana) | Newton Compton |
Numero di pagine (approssimativo) | 66 |