"De vulgari eloquentia" è un trattato in latino di Dante Alighieri che si occupa della definizione della lingua volgare da usare nelle opere letterarie. L'opera è incompiuta e si interrompe al capitolo XIV del secondo libro. Dante, nel suo trattato, non ritiene nessuno dei volgari italiani degno di questo scopo, nonostante alcuni di essi, come il toscano, il siciliano e il bolognese, abbiano un'antica tradizione letteraria. Il volgare ideale viene allora definito con un procedimento deduttivo, come una creazione retorica che si ritrova nell'uso dei principali scrittori del tempo, incluso lo stesso Dante.
"De vulgari eloquentia" (in italiano "Sull'eloquenza volgare") è un trattato in prosa latina scritto da Dante Alighieri tra il 1303 ed i primi mesi del 1305. Questo importante lavoro, dedicato alla definizione della lingua volgare da usare nelle opere letterarie, è incompiuto e si interrompe al capitolo XIV del secondo libro, lasciando addirittura una frase a metà.
La scelta del latino come lingua per questo trattato si spiega con il proposito di Dante di rivolgersi a un pubblico di specialisti, non necessariamente italiano, diverso quindi da quello cui si rivolgeva nello stesso periodo con il "Convivio".
La paternità dantesca del "De vulgari eloquentia" è stata più volte messa in dubbio dagli studiosi, a causa della storia particolare di questo testo e della sua diffusione nel corso dei secoli. Il dibattito critico intorno a Dante torna di attualità e cambia l'atteggiamento degli intellettuali intorno al trattato: l'interesse verso l'opera nasce dall'insofferenza di alcuni scrittori verso il purismo fiorentino e l'Accademia della Crusca, tra cui lo stesso Maffei e Ludovico Antonio Muratori, mentre più tardi, in epoca illuminista, guarderanno con simpatia al "De vulgari" Carlo Denina e Melchiorre Cesarotti.
Nel contesto del dibattito tra italianisti, che proponevano di usare una koiné di dialetti su base toscana, e i "toscanisti", tra cui Manzoni, che invece sostenevano che l'italiano dovesse essere il puro dialetto fiorentino, i primi presero il "De vulgari eloquentia" a manifesto, leggendovi una ricerca di una lingua unitaria anche parlata.
Dante, nel suo trattato, non ritiene nessuno dei volgari italiani degno di questo scopo, nonostante alcuni di essi, come il toscano, il siciliano e il bolognese, abbiano un'antica tradizione letteraria. Il volgare ideale viene allora definito con un procedimento deduttivo, come una creazione retorica che si ritrova nell'uso dei principali scrittori del tempo, incluso lo stesso Dante.
Il "De vulgari eloquentia" è un'opera fondamentale per la storia della lingua italiana, perché rappresenta il primo tentativo di definire una lingua letteraria comune per tutta la penisola. Anche se incompiuto, il trattato di Dante ha avuto un'influenza profonda sul pensiero linguistico italiano e continua ad essere studiato e discusso oggi.
Caratteristiche | Valore |
---|---|
Autore | Dante Alighieri |
Lingua | Latino |
Genere | Trattato |
Data di pubblicazione | 1303-1305 |
Numero di pagine | 197 |
Formato | Paperback |
Editore | BUR Biblioteca Univ. Rizzoli |
ISBN-10 | 8817172286 |
ISBN-13 | 9788817172288 |