Un'analisi del ruolo della stampa italiana durante il ventennio fascista, esplorando come i giornalisti supportarono il regime e come si distaccarono da esso dopo il suo crollo, spesso ritornando sulla scena giornalistica del dopoguerra.
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"Giornalisti di regime: la stampa italiana tra fascismo e antifascismo (1922-1948)" di Pierluigi Allotti, edito da Carocci, offre un'analisi dettagliata del ruolo cruciale che la stampa ha giocato durante il regime fascista in Italia. Il volume esplora come il giornalismo, considerato da Mussolini uno strumento pedagogico fondamentale, sia stato utilizzato per plasmare l'opinione pubblica e sostenere l'ideologia del regime.
Il libro esamina come i giornalisti italiani, sia quelli attivi prima dell'avvento del fascismo sia quelli emersi negli anni '30, abbiano abbracciato e promosso il regime. Questi professionisti, definiti da Mussolini "educatori della nazione", hanno contribuito a diffondere i valori e i principi del fascismo attraverso i loro articoli e le loro pubblicazioni.
L'opera si concentra anche sul periodo successivo al 25 luglio 1943, data della caduta del regime fascista. Allotti descrive come molti giornalisti si siano distaccati dal fascismo attraverso un processo di autoassoluzione e rimozione delle proprie responsabilità. Questo processo ha permesso loro di ritornare sulla scena giornalistica italiana dopo la guerra, spesso riacquistando posizioni di rilievo.
Attraverso un'analisi rigorosa e basata su fonti storiche, Allotti offre un quadro completo e dettagliato del rapporto tra giornalismo e fascismo in Italia. Il libro solleva importanti questioni sulla responsabilità dei media e dei giornalisti in regimi autoritari, e sulla loro capacità di adattarsi e reinventarsi in contesti politici mutevoli.
"Giornalisti di regime" è una lettura essenziale per chiunque sia interessato alla storia del giornalismo italiano, alla propaganda politica e alle dinamiche del potere nei regimi autoritari. Il libro invita a una riflessione critica sul ruolo dei media nella società e sulla responsabilità dei giornalisti di fronte alla storia.