Questo libro analizza lo stile di Pasolini nel cinema, attraverso l'analisi del campione testuale e le mescolanze stilistiche, ovvero la 'contaminazione'. L'autore si basa sulla teoria letteraria di Erich Auerbach per dimostrare come Pasolini superi continuamente i confini tra finzione e vita, creando una forma peculiare di film-saggio che lo proietta in un dialogo vivo con la contemporaneità.
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La realtà, un'istanza scandalosa, soprattutto per chi negli anni '60 si occupava di rappresentazione, è forse l'ossessione più ricorrente di Pasolini. Mentre la cultura formalista di quegli anni relegava la presenza del reale in ogni forma d'arte a un effetto del segno, Pasolini costruiva un sistema estetico in cui reale e narrato (rappresentato) coesistono, alimentati dallo stesso respiro: la radiografia del segno, lo stile.
Questo libro indaga lo stile pasoliniano attraverso una doppia lente: l'analisi del campione testuale e le mescolanze stilistiche, ovvero la 'contaminazione'. Il punto di riferimento è la teoria letteraria di Erich Auerbach.
L'applicazione inedita di questa metodologia letteraria all'immagine cinematografica dimostra come Pasolini superi continuamente i confini tra finzione e vita, tra sublime e umile, tra testo e realtà, creando una forma peculiare di film-saggio che lo proietta in un dialogo vivo con la contemporaneità.
Questo libro, arricchito da una prefazione di Hervé Joubert-Laurencin, è un'analisi profonda e originale dello stile di Pasolini, che offre una nuova prospettiva sulla sua opera e sul suo rapporto con la realtà.