In "L'occhio e il rasoio", Ingrid Guardiola analizza criticamente il potere delle immagini nell'era digitale, svelando come condizionano la nostra vita privata e pubblica. Un invito a resistere all'omologazione algoritmica e a trasformare la tecnologia in strumento di liberazione.
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In un'epoca dominata dalla visibilità, dove ogni aspetto della nostra vita può essere sorvegliato e controllato, "L'occhio e il rasoio" di Ingrid Guardiola esplora il ruolo delle immagini nel plasmare la nostra realtà. L'autrice ci guida attraverso un'analisi approfondita di come le immagini, onnipresenti e pervasive, si insinuano nei nostri gesti, nelle città che abitiamo e nelle comunità che costruiamo, sia online che offline.
Guardiola mette in discussione la natura stessa della realtà che percepiamo, suggerendo che essa possa essere una mera copia, un simulacro creato dagli algoritmi e dalle grandi corporation che li governano. Ogni nostra foto, video o story diventa uno strumento attraverso cui interagiamo con un'interfaccia virtuale che ha trasformato il mondo.
Attraverso un percorso interdisciplinare che abbraccia la filosofia, la sociologia, la tecnologia e la cultura visuale, l'autrice ci conduce in un'esplorazione inquietante del potere nascosto delle immagini che consumiamo quotidianamente. Guardiola indaga come queste immagini condizionano la nostra vita privata e la sfera pubblica, influenzando le nostre percezioni e i nostri comportamenti.
L'opera si arricchisce del dialogo con i grandi pensatori critici, da Roland Barthes a Marshall McLuhan, da Donna Haraway a Byung-Chul Han. Guardiola riprende gli insegnamenti di Barthes per decifrare i codici del visibile, gli avvertimenti di McLuhan sui pericoli della seduzione mediatica, le riflessioni di Haraway sui "corpi ibridi" e le considerazioni di Han sull'"inferno dell'uguale".
"L'occhio e il rasoio" svela le strategie di mercificazione del nostro sguardo e le dinamiche di potere che si celano dietro la condivisione di un semplice selfie. L'autrice ci indica nuove pratiche di resistenza, invitandoci a trasformare la tecnologia da strumento di controllo a strumento di liberazione.
L'opera è un appello a sottrarci all'omologazione algoritmica, dando vita a nuovi spazi condivisi e a nuovi immaginari. Guardiola ci sprona a interrogarci non solo su cosa stiamo guardando, ma anche su come scegliamo di guardarlo, ricordandoci che quando il medium diventa il padrone, la nostra capacità di scelta e di azione è fondamentale.