Un'analisi sconvolgente del processo Eichmann che rivela come il male possa annidarsi nella banalità e nell'obbedienza cieca. Un'indagine filosofica sulla responsabilità individuale e sulla condizione umana. Edizione speciale per il 70° anniversario.
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"Il mio miraggio è il libro che mette le mani addosso, il libro che sbatte per aria, il libro che 'fa' qualche cosa alle persone che lo leggono." Queste parole di Giangiacomo Feltrinelli risuonano potenti quando ci si confronta con "La banalità del male" di Hannah Arendt, un'opera pubblicata nel 1964 che continua a scuotere le coscienze.
Arendt ci accompagna al processo contro Adolf Eichmann, uno dei principali artefici della "soluzione finale". Lungi dall'essere un mostro, Eichmann si rivela un uomo comune, un burocrate ligio al dovere. La sua difesa, basata sull'aver "solo eseguito gli ordini", svela una verità inquietante: il male non è sempre grandioso e spettacolare, ma spesso si annida nella normalità, nella compiacenza, nell'obbedienza cieca.
Arendt rifiuta facili schemi manichei e si interroga sul significato di essere umani in un mondo in cui il male può manifestarsi in forme così banali. Ci invita a riflettere sulla responsabilità individuale, sulla capacità di pensiero critico e sulla necessità di resistere alla tentazione di conformarsi a un sistema che nega l'umanità.
Questa edizione celebra il 70° anniversario della pubblicazione di un'opera che ha segnato la storia del pensiero politico e filosofico. Un libro necessario per chiunque voglia comprendere il mondo che ci circonda e per non dimenticare mai gli orrori del passato.