Un'analisi approfondita della lingua utilizzata nei campi di concentramento nazisti, basata sulle memorie dei deportati italiani. Il libro esplora come la lingua, o meglio, le lingue, abbiano giocato un ruolo cruciale nella sopravvivenza, nella comunicazione e nella resistenza.
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"La lingua dei lager: Parole e memoria dei deportati italiani" di Rocco Marzulli, edito da Donzelli, è un'opera fondamentale che esplora la complessità linguistica e umana dei campi di concentramento nazisti. Attraverso un'analisi approfondita delle memorie dei deportati italiani, il libro svela come la lingua, o meglio, le lingue, abbiano giocato un ruolo cruciale nella sopravvivenza, nella comunicazione e nella resistenza all'interno di questi luoghi di orrore.
Come scriveva Primo Levi, il lager era una "composizione umana stratificata" dove regnava la confusione delle lingue. Il libro di Marzulli analizza questa Babele, evidenziando la difficoltà di comprendere gli ordini, il divieto di usare lingue diverse dal tedesco e il ricordo ossessivo di parole che tormentavano i deportati anche a distanza di anni.
Il libro distingue due principali forme di linguaggio nel lager: da un lato, il tedesco dei sorveglianti, ridotto a un frasario di comandi e gerarchie, spesso celato dietro un linguaggio in codice; dall'altro, la lingua franca dei prigionieri, un mosaico di idiomi diversi (tedesco, russo, polacco, francese, spagnolo e italiano) che permetteva la comunicazione, l'interpretazione della realtà e la resistenza.
Attraverso un'ampia ricognizione delle testimonianze dei deportati italiani, Marzulli ha creato un vero e proprio repertorio della lingua del lager, uno strumento prezioso per comprendere le memorie scritte e orali e per introdurre il lettore nella realtà quotidiana dei campi di concentramento.
"La lingua dei lager" è un libro essenziale per chiunque voglia approfondire la storia della deportazione italiana e comprendere la complessità umana di fronte all'orrore.